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Età evolutiva

Psicologia

“Il problema di un bambino è sempre un problema familiare”

Decidere di rivolgersi allo psicologo per il proprio bambino può essere una scelta difficile e sollevare diversi dubbi e preoccupazioni nei genitori.
E’ bene innanzitutto chiarire che un’ eventuale diagnosi in età evolutiva non deve essere vista come un’ “etichetta” ma come un punto da cui partire per comprendere quali sono le risorse del proprio figlio e quali gli strumenti adatti per essergli d’aiuto.
Intervenire in età evolutiva, laddove ci dovesse essere una problematica, aumenta la probabilità di ottenere risultati migliori e in tempi più brevi e favorisce un miglioramento della qualità di vita del bambino.

Come si interviene in età evolutiva?

Colloquio genitoriale

In primo luogo si lavora con i genitori. Se si vogliono ottenere risultati duraturi e che permangono anche al di fuori della stanza della terapia, è necessario lavorare sulle competenze genitoriali. Più un genitore sentirà di avere le risorse per occuparsi del proprio bambino/ragazzo, anche in situazioni di difficoltà, più cambierà la percezione di sé nella relazione genitoriale. Il benessere dei genitori favorisce, di riflesso, lo star bene anche dei propri figli.

Osservazione e colloquio

Dopo un’ iniziale osservazione del gioco libero, necessaria per comprendere le competenze specifiche sviluppate dal bambino, si elaborerà un piano di intervento strutturato, avvalendosi, laddove necessario, di specifici strumenti valutativi.
Con i ragazzi più grandi è previsto un  colloquio conoscitivo volto alla creazione dell’alleanza terapeutica, necessaria per qualsiasi tipo di intervento.

Intervento

Con i bambini, l’intervento si basa prevalentemente sull’uso del gioco come strumento prioritario per creare uno spazio di espressione degli stati d’animo del bambino. Inoltre, attraverso il gioco (Play Therapy) e il role playing viene favorita l’acquisizione di strategie necessarie a potenziare le risorse del bambino.
Con l’adolescente, si punterà a creare uno spazio di condivisione, dove possa sentirsi libero di esprimersi in un contesto non giudicante e accogliente verso i suoi bisogni.   

MI OCCUPO DI:

Disturbi Specifici dell’Apprendimento Scolastico (DSA)

I Distubi Specifici dell’Apprendimento Scolastico (DSA) si manifestano con una difficoltà del bambino e del ragazzo nelle diverse prestazioni in ambito scolastico (lettura, scrittura e calcolo) pur essendo dotati di un quoziente intellettivo nella norma.     

Con i bambini e ragazzi con DSA, l’obiettivo è realizzare un percorso personalizzato. L’intento sarà quello di individuare e valorizzare i diversi stili cognitivi e potenziare le strategie più adeguate per favorire l’apprendimento in ogni specifica situazione.


Lo screening  è una procedura atta ad individuare le difficoltà che interferiscono con gli apprendimenti. Prevede la somministrazione di test e questionari per rilevare problemi nell’ apprendimento scolastico. Non permette una diagnosi definitiva ma serve per individuare situazioni a rischio e programmare un possibile potenziamento.
Perché non fare direttamente una diagnosi?
Una valutazione diagnostica richiede tempi lunghi e un impegno significativo. Lo screening permette di stabilire se il bambino avrà bisogno di una successiva diagnosi, evitando tale percorso a chi non lo necessita. Inoltre, può essere effettuata già in età prescolare.

Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP)

Il Disturbo Oppositivo Provocatorio (Dop) rientra nei disturbi dirompenti, degli impulsi e del controllo della condotta. Si manifesta con reazioni inappropriate di rabbia, irritabilità, comportamenti provocatori e oppositivi.
Sono frequenti gli episodi di oppositività da parte dei bambini e dei ragazzi, in particolare durante determinate fasi della crescita, che non ci devono allarmare se limitati ad episodi sporadici o momentanei.
Per poter fare una diagnosi di DOP i sintomi devono perdurare nel tempo e compromettere il sistema relazionale e sociale del bambino/ragazzo.
Uno degli aspetti più tipici del Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) è proprio l’opposizione nei confronti delle figure adulte.
Solitamente l’esordio avviene in età infantile e tra i fattori di rischio troviamo: trascuratezza, assenza di una supervisione, stili genitoriali coercitivi o lassisti, genitori che hanno a loro volta disturbi comportamentali, instabilità familiare.
Il tema centrale è la presenza persistente dell’emozione di rabbia, accompagnata spesso da comportamenti vendicativi. Inoltre, le interazioni sono di solito associate a disobbedienza, aggressività e negatività.

Mutismo selettivo

Il mutismo selettivo è un disturbo ancora poco conosciuto e rientra nei Disturbi d’ansia.
Si caratterizza per l’incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche (es. asilo, scuola) nonostante il bambino/ragazzo sia in grado di parlare in altri contesti.
Il mutismo selettivo può comportare delle difficoltà a livello relazionale, scolastico e lavorativo.
E’ importante sottolineare che il bambino che non parla non lo fa per un comportamento oppositivo. L’ansia che prova in determinate situazioni è tale da provocargli uno stato di irrigidimento e blocco. Questo gli impedisce la comunicazione con gli altri.


L’obiettivo principale sarà quello di ridurre l’ansia. L’intervento non sarà orientato unicamente sul far parlare il bambino, ma sul creare un contesto relazionale in cui egli si senta a suo agio e in grado di potersi esprimere in presenza di una persona non familiare. Si lavorerà, pertanto, sul miglioramento della comunicazione (anche non verbale) attraverso l’uso del gioco e con il coinvolgimento delle figure di riferimento che ruotano attorno al bambino (genitori, familiari, insegnanti). Scopo prioritario è quello di creare situazioni relazionali in cui si riduca l’ansia legata al fatto di dover interagire con l’altro, favorendo modalità interattive meno giudicanti e più armoniose.



Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD)

Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo.
I bambini che presentano questa problematica appaiono spesso disorganizzati, hanno difficoltà a mantenere l’attenzione o sembrano disorientati, passano da un’attività all’altra, si distraggono facilmente.
Esso compromette il funzionamento del bambino a livello relazionale e scolastico.

La valutazione deve comprendere tutti i contesti di vita del bambino/ragazzo. Inoltre, l’intervento deve coinvolgere attivamente genitori e familiari. E’ necessario valutare quanto le difficoltà dipendano da un effettivo disturbo organico e quanto siano legate al contesto di crescita e alla gestione del sistema di regole e gratificazioni.
E’ importante intervenire precocemente affinché il disturbo, con la crescita, non evolva in problematiche più serie quali condotte antisociali, abuso di sostanze, difficoltà relazionali e familiari.

Autolesionismo

L’autolesionismo consiste in una serie di condotte, messe in atto prevalentemente dall’adolescente, atte a procurarsi danni a livello fisico, con conseguente sperimentazione di sensazioni dolorose. E’ importante sottolineare che, nella maggioranza dei casi, tali comportamenti non implicano che tale gesto abbia un’intenzionalità di tipo suicidario. Tuttavia, soprattutto negli ultimi anni, il rischio a lungo termine di tentativi di suicidio è significativamente aumentato tra i giovani.
Tra i comportamenti autolesivi troviamo il cutting (tagliarsi con un oggetto affilato), il burning (provocarsi bruciature e ustioni) e il branding (marchiarsi con oggetti roventi). 

Non c’è una spiegazione univoca del perché un adolescente decide di ferirsi. Anche se agli occhi di un genitore un gesto così forte sembra l’essenza del problema da affrontare e risolvere, la ferita fisica non è altro che il punto di arrivo di un percorso, che deve portare alla ricerca di motivazioni più profonde.

L’intervento deve essere effetuato tempestivamente e deve prevedere il coinvolgimento genitoriale e del sistema famiglia.

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