Quando si può parlare di trauma? Quali sono le conseguenze dell’aver vissuto un’esperienza avversa? Che tipo di terapia è più indicata per lavorare sugli esiti negativi di un evento traumatico?
Significato del trauma
Aver vissuto una situazione traumatica, anche se questo è avvenuto in tempi lontani, magari nell’infanzia, può comportare diverse problematiche a livello psicofisico. Può verificarsi una compromissione del funzionamento cognitivo, emotivo e sociale nella quotidianità.
E’, tuttavia, necessario fare attenzione: non sempre avvenimenti potenzialmente traumatici (come incidenti, terremoti, violenze) comportano problematiche a lungo termine per la persona. Vivere una situazione avversa non implica in tutti i casi esiti negativi per il benessere psicofisico: avviene più spesso che la persona sia in grado di “lasciarsi alle spalle” l’evento negativo, senza che questo risulti disturbante nella sua vita attuale.
Per comprendere bene i meccanismi del trauma è necessario, innanzi tutto, avere chiaro di cosa si tratta.
La parola trauma deriva dal greco e il suo significato è quello di “ferita”. Si può dire che il trauma psicologico sia una sorta di “ferita dell’anima” che impatta sulla persona che lo ha vissuto, generando sofferenza. I traumi possono essere di due tipi: quelli con la T che sono rappresentati da tutti quegli eventi di grande entità che comportano la minaccia per la salute e la vita della persona o dei suoi cari (incidenti, disastri ambientali, abusi…) e i “piccoli traumi” o t che sono rappresentati da tutte quelle situazioni relazionali negative con persone significative avvenute durante l’infanzia (es. umiliazioni subite dai genitori, rottura o perdita di relazioni significative…).
Sebbene le due tipologie di traumi appaiono molto diverse tra di loro, si è osservato che le persone manifestano gli stessi sintomi in entrambi i casi.
Quando un evento avverso genera un trauma?
Come accennato in precedenza spesso, anche in caso di eventi di forte impatto sulla persona, non sempre si manifestano sintomi pisco-fisici. Le persone sono fisiologicamente predisposte ad adattarsi e a superare le situazioni avverse.
L’esito di un evento avverso dipende da diversi fattori quali:
- contesto relazionale di supporto;
- possibilità che la persona ha di parlare di ciò che vive o ha vissuto;
- ripetibilità dell’evento;
- caratteristiche psico-fisiche della persona.
Quando è necessario lavorare sul trauma?
Si parla di Disturbo Post Traumatico da Stress (PTDS) quando il ricordo dell’evento traumatico è ancora vivo nel presente e compromette la quotidianità della persona che l’ha vissuto. Ossia, quando nel presente si riattivano tutte quelle sensazioni fisiche ed emotive che hanno caratterizzato l’evento: immagini intrusive, stato d’ansia e agitazione, riattivazione di sensazioni di malessere in concomitanza con stimoli che richiamano l’evento.
Spesso si ritiene che la persona non debba parlare di quanto ha vissuto per non rivivere sensazioni ed emozioni che riattiverebbero il ricordo traumatico. In realtà, l’evitamento non permette la rielaborazione dei contenuti traumatici, che rimangono bloccati nelle reti mnestiche, con un effetto disturbante sul lungo tempo. Paradossalmente, per superare un dolore è necessario attraversarlo.
Ci sono molti approcci terapeutici che possono essere utilizzati a tale scopo. Tra i più riconosciuti a livello scientifico c’è la terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing). Si è osservato che questo tipo di terapia, basata su una fase di desensibilizzazione delle emozioni connesse al ricordo traumatico e di installazione di nuove risorse, premette di lavorare sui contenuti bloccati e disturbanti, favorendo il distanziamento emotivo dall’evento avverso che torna ad essere ricollocato nella mente della person come evento passato, contribuendo a ridurne l’impatto emotivo.
Dott.ssa Francesca Vecchione