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Bambini oppositivi e provocatori: cosa fare?

In ambito familiare e scolastico la gestione di bambini e ragazzi oppositivi-provocatori è spesso difficile e faticosa. Sono ragazzi che hanno un atteggiamento di sfida, soprattutto verso l’adulto, che infrangono le regole e sembra provino piacere nel fare del male agli altri. Questo rende particolarmente complessa la relazione con loro e l’inserimento nel contesto sociale con i coetanei.

Cosa si intende per Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP)?

Per poter parlare di Disturbo Oppositivo Provocatorio (Do), dobbiamo tenere presente alcune caratteristiche precise. L’oppositività, infatti, è tipica di diverse fasi dello sviluppo. Pensiamo, ad esempio, ai bambini intorno ai due anni di età, che cominciano a diventare autonomi. In questo caso, il loro “no” fa parte di un naturale processo di separazione dalle figure genitoriali e di individualità. Oppure, pensiamo all’atteggiamento oppositivo manifestato in età adolescenziale. In questi casi, anche se l’atteggiamento del bambino o dell’adolescente ci può spiazzare e infastidire, ci troviamo difronte ad un fisiologico momento di crescita, necessario alla formazione dell’identità e all’acquisizione dell’autonomia da parte del bambino/ragazzo.

Ciò che è naturale in queste fasi di sviluppo diventa, al contrario, esasperato nei bambini o ragazzi con disturbo oppositivo provocatorio (DOP). Per poter fare una diagnosi in tal senso, è necessario che la rabbia, l’aggressività, la mancanza di rispetto delle regole, i comportamenti vendicativi, siano presenti in maniera costante e per diversi mesi, tanto da compromettere il funzionamento a livello sociale e scolastico.

Quando un adulto si trova a dover gestire un bambino o ragazzo con questo tipo di disturbo le difficoltà sono molte. L’atteggiamento di sfida delle regole e la difficoltà nel farsi ascoltare, alimentano reazioni di rabbia, frustrazione, stanchezza emotiva. E’ facile, quindi, che si attivino modalità di interazione che alimentano ulteriormente il comportamento oppositivo: si impongono regole, si danno punizioni, si assumono comportamenti aggressivi.

Anche se, in apparenza, i ragazzi con DOP sembrano provare piacere per il loro atteggiamento, in realtà essi stessi soffrono a causa dell’isolamento sociale a cui vanno incontro.

Disturbo oppositivo

Cosa fare allora come adulti?

Il primo passo, e forse il più difficile, deve essere quello di controllare le nostre reazioni per evitare di alimentare ancora di più il comportamento oppositivo, creando un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.

E’ necessario, poi, creare delle situazioni in cui sia possibile dare un’attenzione positiva al bambino. Questi ragazzi ricevono attenzione quasi esclusivamente per essere rimproverati e puniti e questo incide notevolmente sulla loro autostima, anche se non lo danno a vedere.

Si può provare a coinvolgerli in alcuni semplici compiti, magari creati appositamente per loro, e rinforzarli positivamente. In questo modo, si aiuterà a rinforzare l’autostima e la relazione.

Le regole che decidiamo di dare (e che ci devono essere!) devono essere semplici e chiare. Dobbiamo, inoltre, assicurarci che siano state ben comprese. Può essere utile usare un sistema di ricompense per incentivare il comportamento desiderato.

Impariamo, infine, ad osservare e ascoltare il ragazzo con questo disturbo. Prima di volergli imporre di fargli fare quello che ci aspettiamo da lui, fermiamoci a capire da cosa possono dipendere determinate reazioni. Questo passaggio è molto complicato da mettere in atto, soprattutto nel contesto classe dove ci sono diverse esigenze da soddisfare. Tuttavia, è importante ricordare che, ogni comportamento problema ha in sé un significato, e comprenderne le cause può essere d’aiuto per migliorare la gestione futura.

La comprensione e il sentirsi ascoltato e riconosciuto è molto importante per ciascun bambino/ragazzo oppositivo e provocatore. Prima ancora di cercare di ottenere un risultato nelle attività che proponiamo, dobbiamo imparare a coltivare la relazione, che deve essere la base da cui partire per poter interagire efficacemente in presenza di questo disturbo.

Dott.ssa Francesca Vecchione